Peso forma: qual’è il confine tra normopeso, obesità e bulimia iperfagica?

Da un punto di vista clinico, è l’eccesso di massa grassa il problema. È questa “tara” che deve essere analizzata e distinta dal “peso totale”. Non è il peso, ma l’eccesso di grasso che determina problemi di salute e, di tipo funzionale, come lavarsi, vestirsi o allacciarsi le scarpe.
Quando dal macellaio diciamo: “quel pezzo di carne è troppo grasso”, non ci riferiamo alla dimensione ma, alle parti biancastre che vediamo. Allo stesso modo dovremmo imparare a considerare il peso “normale” di una persona non solo in rapporto ai chili e ai centimetri ma alla quantità di grasso. Cerchiamo di fare chiarezza. Il senso di colpa e di frustrazione che coglie il paziente obeso è in primo luogo legato alla confusione e approssimazione circa la condizione stessa di obesità.

 

Finalmente il PESO IDEALE non è più calcolato solo con i vecchi parametri antropometrici basati sul rapporto matematico tra il peso e l’altezza! Per lo Specialista in Scienza dell’Alimentazione è impensabile non considerare i nuovi concetti di forma, massa grassa e massa magra, acqua intracellulare ed extracellulare.
Due persone dello stesso sesso e con uguale altezza, possono essere una normale e l’altra obesa, pur avendo lo stesso indice di massa corporea (I.M.C.), detto anche body mass index (B.M.I.).
Questo indice si ottiene dividendo il peso calcolato in Kg per il quadrato dell’altezza calcolata in metri.
Per una persona di 180 cm di altezza e 80 kg di peso, il B.M.I. o I.M.C. si otterrà dividendo il peso per l’altezza calcolata in metri (1,8), elevata al quadrato, quindi 1,8 per se stesso che come risultato dà 3,24.
Dividendo il peso per 3,24 si ottiene il B.M.I. o I.M.C. di questa persona

I.M.C.= peso (in Kg): altezza (in metri) moltiplicata per se stessa

Si tratta di uno dei più diffusi calcoli teorici per distinguere i soggetti normopeso da quelli in sovrappeso e obesi.
In pratica se il valore ottenuto è compreso tra 18 e 24,9 è normale, se è compreso tra 25 e 29,9 la persona è in sovrappeso infine se il valore risulta superiore a 30 si tratta di obesità. A causa della sua approssimazione tuttavia può solo essere usato per scopi statistici su gruppi di persone omogenee per sesso ed età, come i militari di leva o gli studenti di una facoltà. Non dovrebbe essere usato per il singolo paziente senza essere accompagnato da più specifiche valutazioni cliniche e antropometriche.

Attori famosi per la loro prestanza fisica come Schwarzenegger, Sylvester Stallone, Vin Diesel, e molti altri, anche quando in piena forma, secondo il calcolo del BMI sarebbero stati considerati obesi.
Al contrario persone che non hanno mai fatto ginnastica, secondo questo calcolo, non dovrebbero dimagrire anche se con pancia prominente e doppio mento, perché il loro peso è compensato da gambe e braccia troppo magre.
Finalmente grazie ad uno strumento di facile impiego, economico e molto preciso,l’impedenziometro, è possibile determinare il grado di obesità del paziente attraverso una rapida valutazione di parametri corporei realmente indicativi dell’adiposità.
I dati rilevati con l’impedenziometro mostrano una forte correlazione con quelli ottenuti dalla plicometria.

 

CIRCONFERENZA ADDOMINALE

La circonferenza addominale è una misura antropometrica innovativa e di facile esecuzione che insieme al peso e all’altezza consente, in maniera approssimativa ma efficace, di distinguere tra chi è grosso e chi invece è grasso. La persona piena di muscoli ha comunque una vita sottile e agile. Quando la “pancia” ha una circonferenza superiore a 110 cm, esprime una tendenza ad avere disturbi funzionali, dalla difficoltà a lavarsi o vestirsi, sino a patologie cardiovascolari come ipertensione e infarto del miocardio. Molte donne dal peso assolutamente normale possono presentare una circonferenza superiore a 88 cm e così, come l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha sancito, essere a rischio di contrarre negli anni, patologie cardiovascolari.

 

Bibliografia:

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“A population-based comparison of BMI percentiles and waist-to-height ratio for identifying cardiovascular risk in youth”.
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Ashwell M, Cole TJ, Dixon AK.
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La storia di Valentina

Voglio ricordare a questo proposito, Valentina una bella signora di trentasei anni che, alta un metro e sessantotto centimetri pur pesando appena sessanta chili era ansiosa di perderne almeno otto. Graziosa, stretta nel tailleur grigio con un viso dai lineamenti regolari, incorniciato da capelli corti e curati, appena la vidi mi inondò di un fiume di parole. Era una giornalista di successo, nella scheda anamnestica non denunciava patologie di rilievo tuttavia da un punto di vista medico non aveva un aspetto sano, appariva stanca, distratta, come se pensasse ad altro. Preoccupata, di non essere creduta dell’assoluta necessità di tornare al suo peso di sei anni prima, improvvisamente scoppiò in lacrime. Profondamente a disagio per quei chili che solo lei vedeva di troppo, e che nessuno era disposto a considerare patologici, disse di aver più volte tentato di dimagrire senza alcun risultato.
Interrogando la paziente, l’aumento di peso non era nemmeno relazionabile col suo vecchio divorzio; da nove anni ormai viveva felice con il nuovo compagno e aveva anche coronato il suo desiderio di avere un figlio, che al momento della visita aveva tre anni. Cercai di rassicurarla dicendole che in pochi minuti avremmo avuto la certezza del peso che per entrambi sarebbe stato considerato il goal terapeutico.
Il risultato impedenziometrico confermò una massa magra esigua, inferiore ai quaranta chili e così stando le cose il peso ideale era appunto di appena cinquanta chili.
Finalmente convinta di poter tornare ad essere quella che era sempre stata e che, non era per una sua insana fissazione che ricercava un peso corporeo minore di quello indicato dalle riviste e da medici che avevano determinato i suoi chili, soltanto in base ad un semplice calcolo matematico, si affidò un po’ rincuorata, alle cure e agli accertamenti clinici che le prescrissi.
Nel leggere la serie d’esami, mi disse che nel questionario anamnestico aveva specificato di aver fatto da poco l’analisi del profilo tiroideo e che io stesso lo avevo fatto fotocopiare e allegare nella sua cartella clinica.
Spiegai che l’indagine, basata su un sospetto diagnostico preciso, riguardava gli anticorpi anti-tiroide e dovette ammettere che nonostante avesse fatto svariate volte prelievi del sangue per determinare la funzionalità tiroidea non aveva mai fatto un esame di questo tipo.
Dopo pochi giorni mi telefonò eccitata dal risultato delle analisi, e con un misto di contentezza e preoccupazione mi lesse i valori degli anticorpi anti-tireoglobulinici e anti- microsomiali che invece di essere meno di 15 erano 3500 i primi e 5800 i secondi.
Si trattava di una tiroidite autoimmune.
Le spiegai che questa malattia concorre, certo insieme a svariate concause, anche di tipo comportamentale, alla riduzione della massa magra, e che le funzioni tiroidee essendo importantissime per il controllo del comportamento alimentare, contribuivano all’aumento di peso. Non era lei che sbagliava a non fare attività fisica, ma era proprio il suo stato clinico che induceva la facile stancabilità e il senso di svogliatezza per tutto ciò che riguardava lo sport. Grazie alla Dieta ABC e alla terapia specifica e personalizzata è stato possibile curare la paziente che oggi indossa gli abiti di quando pesava otto chili in meno pur avendone persi solo sei e ha ripreso i tornei amatoriali di tennis che per anni si era limitata a vedere dalle tribune del circolo.